Texts
Laura Manione Superfici sensibili Testo di presentazione della mostra MaugerinArte, Pavia, ottobre-dicembre 2019
11/12/19
La foresta, sia essa il Bosco Sacro di Academo da cui si propagò la cultura accademica fondata da Platone o il luogo del perenne incanto capace di rapire tanto lo scienziato quanto il poeta, è uno dei soggetti prediletti di Gabriella Martino. Anzi, per averlo declinato in varie forme e con varie tecniche nel corso di una lunga e proficua produzione fotografica, potremmo sostenere che è il suo soggetto d’elezione. Superfici sensibili rientra a pieno titolo in questo filone silvestre. Gli alberi, qui, non sono espressione di una solidità ieratica: più che di un significato alto, essi sono portatori di un significato altro, difficile da condensare in poche righe. Nonostante tra gli scrittori di riferimento di Gabriella Martino non si annoverino nomi associati alla letteratura per l’infanzia, per meglio comprendere le ragioni che hanno determinato la serie, potremmo inaspettatamente attingere a un brano di Gianni Rodari tratto dalla Grammatica della fantasia (1973): «Un sasso gettato in uno stagno – scrive Rodari – suscita onde concentriche che si allargano sulla sua superficie, coinvolgendo nel loro moto, a distanze diverse, con diversi effetti, la ninfea e la canna, la barchetta di carta e il galleggiante del pescatore. Oggetti che se ne stavano ciascuno per conto proprio [...] sono come richiamati in vita, obbligati a reagire, a entrare in rapporto tra loro». Tra le betulle di quella “piccola savana” che è la Riserva naturale delle Baragge, l’autrice è restata in osservazione, finché qualcosa, alla maniera del «sasso gettato nello stagno», ha «richiamato in vita», ovvero in un imprescindibile sistema di reciprocità, vegetazione, essere umano, sguardo e fotocamera. Una re(l)azione tradotta visivamente grazie all’uso sapiente della doppia esposizione, tecnica in grado di restituirci al contempo la vertigine vitale e la giustezza estetica di un complesso organico che ci ri-guarda, poiché, oltre ad appartenerci, contraccambia lo sguardo. Tutto, nel lavoro di Gabriella Martino, è teso a divenire sensibile, assimilabile attraverso i sensi. E tutto è teso altresì a divenire superficie che sborda da un’unica inquadratura e dal perimetro di una fotografia, per espandersi fino al limite della nostra fisicità e delle nostre capacità percettive, nel punto esatto in cui ci arrendiamo davanti al grande mistero biologico che ci ha generato e ci sovrasta.